06 Feb Tribunale ordinario di Pescara – sentenza n.9-2024
“Infatti, ai fini della prova del reato di calunnia nella sua componente oggettiva, non è sufficiente accertare la non verosimiglianza delle accuse dovendo risultare con certezza che le stesse siano false. Ciò comporta la necessaria emersione di una versione alternativa dei fatti suffragata da elementi di prova inconfutabili (cfr. Cass. pen., sez. VI, n. 32841 del 28/05/2009, Rv. 244447).
Sotto il profilo psicologico, l’elemento soggettivo è rappresentato dalla consapevolezza della innocenza dell’incolpato (non ravvisabile nei casi di dubbio o di errore ragionevole) e da quella di esporlo al rischio di un procedimento penale; dolo che va rilevato dalle concrete circostanze e dalle modalità esecutive che definiscono l’azione criminosa, dalle quali, con processo logico deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto ai fini dell’accertamento del dolo (Cassazione penale , sez. VI , 27/04/2022 , n. 21632). Va quindi ribadito che, perché si realizzi il dolo, è necessario che colui che falsamente accusa un’altra persona di un reato abbia la certezza dell’innocenza dell’incolpato, in quanto l’erronea convinzione della colpevolezza della persona accusata esclude l’elemento soggettivo, da ritenere integrato solo nel caso in cui sussista una esatta corrispondenza tra momento rappresentativo (sicura conoscenza della non colpevolezza
dell’accusato) e momento volitivo (intenzionalità dell’incolpazione)”.